PENTECOSTE: LA FESTA DEI CASTELLANI
Le festività di Pentecoste vantano una plurisecolare tradizione, risalendo al 1631 il voto popolare e della Comunità tutta di Castel Bolognese di festeggiare per tre giorni, a Pentecoste, la Madonna venerata nella chiesa di San Francesco sotto il titolo di B.V. della Concezione, alla quale venne attribuito il prodigio di aver salvato la città ed il suo territorio dalla peste di manzoniana memoria; la Comunità stabilì che, accanto alle solenni funzioni religiose, si promuovessero festeggiamenti in piazza per la domenica di Pentecoste ed i successivi lunedì e martedì, con canti, balli e banchetti.
Mentre le celebrazioni religiose continuano a svolgersi con la massima solennità ed una immensa partecipazione di popolo, che sfila numeroso in processione dietro l’immagine della Patrona, la festa di piazza, come la vediamo oggi fu impostata dalla Pro Loco a partire dal 1966. Nel corso degli anni, la festa si è arricchita di appuntamenti, aprendosi ora il giovedì sera per concludersi il lunedì sera con il concerto di una attrazione di richiamo nazionale, affiancata da mostre, luna park, rassegne e altre manifestazioni. Rimangono tuttavia tre i momenti più caratteristici della festa: la sfilata delle Parrocchie e degli Antichi Mestieri, l’estrazione della tombola, la gastronomia.
Per ricordare ciò che scriveva l’Emiliani, storico locale del secolo scorso, a proposito della festa di Pentecoste: «dalla campagna e dalle città vicine accorreva in piazza il popolo con carri e carrioli cantando e ballando», fu ideata, come momento d’apertura della Sagra, una sfilata nella quale le sette parrocchie del comune, con i loro costumi ed i propri colori, giungono in corteo nella piazza centrale dando inizio alla baldoria. Ogni gruppo parrocchiale è accompagnato da un antico plaustro, un tempo trainato da una coppia di buoi, con sopra la castlè; piena di vino che viene successivamente venduto ai presenti. Nel corso degli anni la sfilata si è trasformata grazie alla creatività dei gruppi parrocchiali i quali organizzano un secondo carro, che segue il plaustro, ove viene rappresentato un antico mestiere contadino od artigiano. È nata così la «Sfilata delle Parrocchie e degli Antichi Mestieri», autentico corteo storico che si snoda per le vie cittadine nella serata del venerdì. Ogni carro presenta pezzi unici di antiquariato mostrando quadri di vita irripetibili e facendo di questa sfilata un museo vivente della civiltà contadina.
La passione della tombola avvince i castellani da più di cento anni. Il pomeriggio del lunedì cresce di ora in ora, in maniera vertiginosa, la corsa all’acquisto delle cartelle, finché arriva l’annuncio che tutti aspettano: «si inizia l’estrazione» e la piazza, gremita fino all’inverosimile e chiassosa come nei giorni di mercato piomba in un assoluto e quasi irreale silenzio in attesa del primo numero estratto. Ad ogni estrazione cresce nei partecipanti la speranza di conquistare, se non la tombola, almeno la cinquina, fin quando giunge l’annuncio che una persona si è presentata con una cartella vincente. «La cinquina è stata vinta» tuona l’altoparlante; in piazza non rimane, a questo punto, che sperare nella tombola ma quando, anche per questa viene annunciato il vincitore, la piazza ha solo la soddisfazione di sapere chi sia il vincitore, sperando, con un pizzico di campanilismo che sia un castellano (diversamente non sarebbe di buon auspicio) e attendere la prossima Pentecoste. La piazza, ora, si divide: parte dei presenti si accalca verso il palco per assistere allo spettacolo; i rimanenti, per consolarsi della mancata vincita, corrono al chiosco gastronomico per uno spuntino di mezza sera.
La terza componente del successo della Sagra è la cucina: una macchina organizzativa perfetta, orgoglio della Pro Loco, con l’efficienza di quella del migliore ristorante ed una potenzialità di una (... forse due) cucina da campo, dove lavorano alacremente attorno a fornelli, caldaie, paioli, friggitrici, graticole circa ottanta persone ogni sera. I piatti sono improntati alla semplicità ed alla genuinità della migliore cucina romagnola: piadine, salsiccia, salumi, polenta e, soprattutto minestre. Queste sono tutte fatte a mano dalle azdore di Castel Bolognese che, nei giorni precedenti la Sagra, hanno impastato oltre quattromila uova di sfoglia per cavarne tortelloni e cappelletti. Il segreto della loro bontà sta ... in un altro segreto: la ricetta del ripieno per i cappelletti ed i tortelloni è infatti conservata nella cassaforte della Pro Loco e solo il Presidente e poche altre persone sono a conoscenza delle esatte dosi degli ingredienti necessari per realizzare queste specialità, più volte menzionate dall’Accademia della Buona Cucina. Un’altra specialità castellana merita di essere assaggiata da tutti: sono i bracciatelli della croce, tipici di Castel Bolognese, che ben si accompagnano agli affettati ed alla albana secca di queste parti.
PAOLO GRANDI